Molte persone si lasciano limitare dalla convinzione che il guadagno passivo sia bizzarro, inusuale, complesso o ambiguo. Come ho già avuto modo di spiegare, il guadagno passivo non è particolarmente difficile da mettere in pratica. Per molti versi, guadagnarsi da vivere grazie a fonti di reddito passivo è molto più semplice che non farlo per mezzo di un impiego oppure svolgendo del lavoro da freelance, soprattutto nel lungo termine.
La parte difficile, in realtà, consiste nel sentirsi a proprio agio con una mentalità che accetta di vivere grazie alle rendite passive.
Per risolvere la questione, proviamo a guardare il tutto dal punto di vista opposto.
Immaginate di essere già a vostro agio nel vivere grazie alle rendite passive, proprio come faccio io. Immaginate di avere qualche migliaio di euro che ogni mese arriva sul vostro conto, più che sufficiente a soddisfare le vostre esigenze economiche quotidiane. Che voi decidiate o meno di lavorare, ci sarà questo flusso rinnovato di entrate che giunge a voi mese dopo mese, anno dopo anno, grazie a diverse fonti di reddito passivo allestite negli anni precedenti.
Ora immaginate che un amico, il cui sostentamento è basato su un regolare impiego stipendiato, cerchi di convincervi che quanto state facendo è bizzarro o inconsueto e che dovreste invece adottare la sua mentalità, abbandonando lo stile di vita basato sulle rendite passive e cercare, invece, un normalissimo impiego.
Se un mio amico affezionato al concetto di lavoro e stipendio cercasse di fare una cosa del genere con me, ecco come immagino andrebbe la cosa:
Amico: Sai, dovresti fare come tutte le persone normali e trovare un lavoro vero. Questa roba delle rendite passive che stai portando avanti è proprio strana.
Io: Mi sembra funzioni bene, cosa c’è che non va?
Amico: Beh, non è ciò che fa la maggior parte della gente. La maggior parte della gente si cerca un lavoro.
Io: E come funziona in quel caso?
Amico: Beh, devi andare a lavorare per qualche azienda, in genere grosse società. Svolgi il tuo lavoro e loro ti pagano uno stipendio.
Io: Bene. Il mio stipendio è basato sul valore che apporto con il mio lavoro?
Amico: Più o meno.
Io: Riceverò un compenso onestamente rapportato al mio contributo?
Amico: Dipende da cosa intendi con ‘onestamente rapportato’. Ovviamente non ti daranno il cento per cento del valore che ritengono tu stia apportando. Devono comunque trarne un profitto.
Io: Quindi ottengo qualcosa come l’80% di tale valore o roba simile?
Amico: Se vogliamo essere realisti, diciamo che probabilmente sarà più vicino al 30%, ma non è una stima precisa. Diciamo che loro non sanno effettivamente in che misura tu stai apportando valore rispetto agli altri. Soprattutto nelle strutture dove sono impiegate moltissime persone è difficile valutare il contributo di ogni singolo dipendente. Di conseguenza gli stipendi sono un po’ stimati con una certa approssimazione.
Io: E dove va a finire il resto del valore prodotto dal mio lavoro?
Amico: Viene distribuito in vari modi, per esempio come entrate per gli investitori e gli azionisti, come profitti per l’azienda, tasse, alti stipendi per i dirigenti, iniziative aziendali come le cene di lavoro e così via. Sono i capoccioni che decidono tutto questo, non è cosa da dipendenti.
Io: Ma almeno ottengo dei dividendi sui profitti dell’azienda?
Amico: Normalmente no, anche se alcune azienda hanno dei piani di condivisione degli utili, ma anche in quel caso non si tratta della somma totale ma in genere di una metà della stessa. A volte puoi averne una fettina, sotto forma di bonus.
Io: Uhm… e per ottenere ciò devo lavorare tutti i giorni?
Amico: In genere soltanto nei giorni feriali, ma dipende dal tipo di lavoro. Potresti anche avere alcune settimane libere nel corso dell’anno per andare in vacanza.
Io: Solo qualche settimana? E che succede se decido di viaggiare per uno o due mesi?
Amico: Beh, non puoi. Forse, se riesci ad accumulare molte settimane di ferie per alcuni anni, potrebbero concedertelo, ma difficilmente lasciano che un dipendente stia via dal lavoro così a lungo.
Io: Perché dovrei accumulare le settimane di vacanza? Il tempo passa comunque. Se posso permettermi di andare in vacanza, perché non andarci e basta?
Amico: Perché loro hanno bisogno che tu sia al lavoro.
Io: Che succede se mentre lavoro mi sento stanco e voglio fare uno stacco?
Amico: Puoi andarti a prendere un caffè, gratis.
Io: Un caffè di qualità o scadente?
Amico: Dipende dal lavoro, però male che vada c’è sempre una caffetteria o un bar nei paraggi.
Io: Posso prendere il mio portatile e andare a lavorare in caffetteria, nel caso?
Amico: Dipende dal tipo di lavoro, ma in genere non è possibile.
Io: Posso prolungare le mie vacanze se porto con me il laptop mentre viaggio e continuare a lavorare di tanto in tanto?
Amico: In genere no.
Io: Perché no?
Amico: Beh, in genere non si fidano perché non possono essere sicuri che tu stia lavorando o meno.
Io: Quindi hanno bisogno di tenermi d’occhio mentre lavoro?
Amico: In sostanza sì. Ma ci sono anche dei lavori collaborativi, quindi vogliono che tutti siano presenti nello stesso luogo di lavoro.
Io: Ma io svolgo a volte del lavoro collaborativo, lo facciamo via Internet.
Amico: Certo, alcuni lavori si stanno spostando in quella direzione, ma la maggior parte dei datori di lavoro vuole vederti in sede.
Io: In cosa consiste il luogo di lavoro?
Amico: Dipende molto dal tipo di impiego. Nella maggior parte dei lavori d’ufficio si lavora in un cubicolo.
Io: Cos’è un cubicolo?
Amico: Un piccolo spazio ricavato all’interno di un locale più grande, in genere delimitato da basse pareti. Contiene abbastanza spazio per una scrivania e una sedia e per un mobile che fa da schedario o cassettiera. In genere ti assegnano uno spazio di 15-25 metri quadri.
Io: Ma il mio ufficio è di oltre cinquanta metri quadri, e ha persino un bagno con doccia. Inoltre posso lavorare dove mi pare, quindi non sono neanche costretto a farlo necessariamente in quello spazio.
Amico: Non avrai mai uno spazio tanto ampio se lavori a un normale impiego, a meno che tu non sia un dirigente oppure svolga un lavoro di un certo tipo che ti permette di avere un ufficio tutto per te. Non è quindi ciò che la maggior parte degli impiegati può avere, ma non è neanche totalmente esclusa come possibilità. Dipende dalla mansione svolta.
Io: E cosa mi dici dello stipendio?
Amico: Beh, percepiresti molto meno di quanto guadagni ora facendo lo stesso tipo di lavoro. Giusto per darti un’idea, lo stipendio medio per un blogger (negli USA, nel 2012) va dai 17.000 ai 38.000 dollari l’anno.
Io: Perbacco, è molto meno di quanto guadagno ora, anche quando non sto lavorando. Come farei a vivere con una somma del genere?
Amico: Beh, un sacco di gente vive con somme del genere. Basta tagliare le spese, anche perché poi devi investire parte dei soldi guadagnati per spostarti sul luogo di lavoro, per vestirti adeguatamente in molti casi, e tutte le altre spese che ha una persona che ha un impiego.
Io: Accidenti. Ma se volessi guadagnare quanto guadagno ora, lavorando da dipendente invece che usando rendite passive?
Amico: Sarebbe altamente improbabile, ma anche se ci riuscissi pagheresti molte più tasse in quanto si tratterebbe di un reddito da lavoro dipendente. Non potresti utilizzare le stesse compensazioni fiscali come fai ora che lavori in proprio.
Io: Quanto sarebbe la percentuale di tasse in più?
Amico: Abbastanza da poterti permettere un’auto nuova ogni anno.
Io: Non mi sembra tanto allettante. Ho l’impressione che sarebbe difficile andare avanti una volta che le tasse mangiano una parte tanto consistente dello stipendio.
Amico: Sì, ma il governo ne è consapevole, quindi rende la cosa meno dolorosa nascondendo una parte della tassazione, quindi non avrai mai la percezione di quanto in realtà è stato detratto dai tuoi guadagni. Prima di tutto non riceverai mai quella parte del tuo salario. Alcune delle tue tasse vengono presentate come tasse pagate dal datore di lavoro, come i contributi socio-sanitari, per poterti avere a libro paga. Puoi scommettere che il datore di lavoro cercherà di recuperare quelle tasse sotto forma di valore aggiunto da te apportato lavorando.
Io: Ne sono consapevole. Le tasse USA sono chiaramente più alte per gli impiegati, la cui detrazione fiscale è la più alta rispetto a qualsiasi altro reddito nella stessa fascia. Ma allora perché la gente preferisce rientrare in questo genere di reddito?
Amico: La maggior parte della gente non conosce alternative migliori. A parte ciò, non saprebbero cosa farne di quel denaro extra. Uno stipendio più basso li tiene al sicuro dai guai e garantisce che siano sul posto di lavoro. Bisogna far marciare l’economia.
Io: Giusto.
Amico: Ci sono altri benefici, comunque.
Io: Per esempio?
Amico: Avresti un’assicurazione sanitaria.
Io: Ce l’ho già, e comunque me ne faccio poco visto che preferisco stare in salute, piuttosto.
Amico: Beh, potresti permetterti di essere meno in salute, avendo un impiego, e non dovresti pagare per farlo.
Io: Uhm…
Amico: E poi c’è il caffè gratis.
Io: Quello l’avevi già menzionato.
Amico: Ti ho detto anche che puoi averne quanto ne vuoi?
Io: Ok. Quindi che tipo di lavoro farei una volta trovato un impiego?
Amico: Dipende dal tipo di impiego, ma a grandi linee… è in genere qualcosa che soddisfa gli obiettivi dell’azienda.
Io: Chi è che definisce questi obiettivi?
Amico: In una struttura ben organizzata sono i responsabili dell’azienda, dietro indicazioni dei membri del consiglio, degli investitori e a volte anche di alcuni dipendenti.
Io: Dove posso consultare questi obiettivi?
Amico: In genere non puoi farlo, ma a volte li condividono in piccola parte sotto forma di mission aziendale, elenchi di priorità oppure un memorandum.
Io: Ok. E come faccio a sapere su quale obiettivo devo impegnarmi?
Amico: In genere lo decide il tuo capo, quindi tutto ciò che devi fare è il tuo principale a dirtelo.
Io: Devo avere un capo, quindi?
Amico: Sì, tutti devono averlo. Persino l’amministratore deve dar conto al consiglio amministrativo e agli azionisti.
Io: Ok, e cosa succede se il mio capo non è particolarmente bravo a dirmi cosa devo fare?
Amico: È una cosa che accade spesso. Si rimane piuttosto confusi. Basta cercare di farsi vedere impegnati a far qualcosa quando ci si accorge di essere osservati, e tutto dovrebbe andare bene. L’affidabilità a livello individuale tende ad essere piuttosto trascurata, quindi finché non è proprio evidente che stai oziando non dovrebbe succederti nulla.
Io: Che succede se il capo e io non siamo d’accordo riguardo agli obiettivi dell’azienda?
Amico: In quel caso si parla di politiche aziendali, il che può creare casini. Alcune persone fanno ciò che dice il capo in ogni caso, anche quando sanno che non funzionerà. Altre persone provano a discuterne. A volte funziona, ma in altri casi questi impiegati vengono emarginati o perdono addirittura il posto se la cosa non va a genio al capo. In genere la gente arriva a un compromesso che sta a metà fra i due estremi.
Io: Si tratta di compromessi intelligenti?
Amico: In genere no.
Io: Se col mio lavoro permetto all’azienda di raggiungere i suoi obiettivi, ottengo un premio extra?
Amico: Sì, a volte. Potresti avere un aumento di stipendio, un bonus o una promozione. Oppure ottieni compensi intangibili come l’elogio, l’apprezzamento e la riconoscenza. A volte, comunque, non ottieni più del tuo stipendio normale.
Io: Come funzionano le promozioni?
Amico: Ti assegnano un ruolo nuovo con maggiori responsabilità, il che in genere si traduce in un aumento di stipendio. A volte significa anche un aumento delle ore di lavoro.
Io: Che succede se ho un’idea brillante che non fa parte dei miei compiti?
Amico: Uhm… lascia perdere.
Io: Perché?
Amico: Saresti visto come un elemento scomodo. Gli altri dipendenti lo vedrebbero come un tentativo di porti a un livello superiore al loro, e renderebbero la tua vita sociale e il tuo lavoro un inferno finché non torni al tuo posto.
Io: Quindi se lavoro duro o meglio e mi faccio promuovere in fretta, i miei colleghi potrebbero cercare di fermarmi?
Amico: È probabile. E neanche il capo la vedrebbe molto bene, questa cosa.
Io: Come sarebbe a dire che al capo non piacerebbe? Il suo compito non è quello di incentivare i buoni talenti?
Amico: Forse, ma nello stesso tempo deve poter fare la sua bella figura. Non va bene che un suo sottoposto si mostri più in gamba di lui.
Io: Non mi sembra proprio un ambiente in cui potrei dare il meglio di me.
Amico: Sì, ma va bene anche così. Del resto non devi necessariamente dare il meglio di te stesso. Devi solo andare avanti. In questo modo è più facile.
Io: Ma se io so che non sto dando il meglio di me, non mi sentirei a disagio con me stesso? Che ne sarebbe della mia autostima?
Amico: Certo, ma poi ti ci abitui. Tutti ci si abituano.
Io: Quindi come ci si trova a lavorare in un ambiente in cui nessuno fa del suo meglio, e tutti stimano sempre meno loro stessi e i loro colleghi a causa di ciò?
Amico: In un certo senso ci si annoia. Ma ripeto, alla fine ci si fa l’abitudine. Il caffè gratis aiuta a mandarlo giù.
Io: Ok, proviamo a riassumere. Mi stai suggerendo di chiudere tutte le mie fonti di reddito passivo, andare a lavorare per qualcun altro, avere un capo e fare tutto quanto mi ordina anche se le sue decisioni non sono intelligenti, lavorare in modo mediocre invece di dare il meglio di me, socializzare con altri colleghi che fanno a loro volta del lavoro mediocre, lavorare più ore per guadagnare meno, prendermi delle vacanze più brevi e chiedere un permesso per farlo, e pagare molte più tasse.
Amico: Sì, è più o meno così. Ma stai sottovalutando l’aspetto della tranquillità.
Io: Cosa ci sarebbe di tranquillo in tutto ciò?
Amico: Beh, che hai uno stipendio sicuro.
Io: Sicuro quanto? Ha un termine?
Amico: Non necessariamente. Se accade sarà per circostanze che sfuggono al tuo controllo. Oppure nel caso tu faccia un errore. Oppure se non piaci a qualcuno più in alto di te.
Io: E tutto ciò sarebbe ‘tranquillo’.
Amico: Beh, in buona parte lo sarebbe.
Io: Quindi, se perdo il posto di lavoro, quale sarà il mio guadagno residuo in seguito?
Amico: Non è detto che ci sia. In certi casi potresti andare in cassa integrazione, in altri ottenere un assegno di disoccupazione, ma dipende dalla tua situazione, dal contratto e dall’azienda. In generale, comunque, se smetti di lavorare smetti di percepire uno stipendio.
Io: Attualmente continuo a guadagnare sia che io lavori sia che decida di non farlo, e non posso essere licenziato.
Amico: Eh già, è questo che lo rende bizzarro.
Io: Per me è più che normale.
Amico: Beh, so che tu hai una visione particolare di tutto ciò, ma ti assicuro che per la maggior parte della gente avere un lavoro è la normalità, e funziona.
Io: A proposito di impiego, è una cosa che si riesce a ottenere automaticamente?
Amico: Assolutamente no. Bisogna cercarlo, e sostenere delle prove e dei colloqui.
Io: Come fa la gente a trovarlo? E soprattutto come fanno le persone a individuare un lavoro che risponda alle loro esigenze e gli permetta di fare ciò che più amano fare?
Amico: In genere non è così semplice. Nella maggior parte dei casi la gente deve prima di tutto vedere cosa è disponibile, e quasi mai combacia con ciò che si vorrebbe fare.
Io: E una volta che hanno individuato il lavoro e lo hanno scelto, vengono assunti?
Amico: No, neanche in questo caso è così facile. Siamo in un mercato competitivo. Bisogna fare domanda, ma non è detto che venga accettata. Può capitare di dover fare domanda per molti posti di lavoro prima che qualcuno risponda, e potrebbe capitare che in quest’ultimo caso non sia quello che più si desiderava fare. Ci sono milioni di persone che non riescono ad essere assunte.
Io: Mi sembra un grande spreco di tempo e di energie, oltre che una gran fonte di stress. Cosa fanno se non riescono a trovare un lavoro?
Amico: Beh, devono andare avanti con l’aiuto di qualcuno. I genitori, il governo, il partner, amici.
Io: Ma se non trovano un lavoro e non hanno neanche chi può sostenerli, cosa fanno?
Amico: In tal caso diventano dei senzatetto, e rischiano di diventare dei barboni.
Io: Tutto ciò non mi sembra poi così sereno come lo definivi all’inizio.
Amico: Beh, considera che la maggior parte della gente non arriva a quel punto. Quindi in generale va bene.
Io: Ma la maggior parte della gente ama il suo lavoro?
Amico: No, almeno l’80% non ama il lavoro che svolge.
Io: Allora perché continuano a farlo?
Amico: Hanno bisogno del denaro. Altrimenti che alternativa avrebbero?
Io: Potrebbero guadagnare anche senza avere un impiego.
Amico: Sì, certo, ma chi è che riesce a farlo?
Io: Beh, io ci riesco.
Amico: Sì, ma tu sei strano.
Io: Guarda, apprezzo moltissimo il tuo sforzo di condividere tutto ciò, ma in un mondo in cui questa cosa dell’impiego viene considerata normale, credo che resterò fedele al mio modo di vedere le cose, anche se ti può sembrare bizzarro. Io amo il lavoro che faccio, guadagno anche quando non lavoro, posso viaggiare e andare in vacanza quando mi pare e per tutto il tempo che voglio, non ho un capo, non posso essere licenziato né ‘perdere il lavoro’ in alcun altro modo, non mi sento sfruttato dal fisco, e posso dare il meglio di me senza essere costretto a sentirmi mediocre.
Amico: Lo so, tutto ciò è grandioso, ma tieni presente che non è alla portata di chiunque.
Io: Perché no?
Amico: Non credo che la maggior parte della gente abbia le capacità per farlo.
Io: Guarda che ci sono un sacco di persone per niente brillanti che guadagnano da rendite passive. Saresti sorpreso dallo scoprire quanto si diventa creativi nel momento in cui non si deve avere a che fare con le politiche aziendali e tutto il resto, quando non c’è bisogno di mantenere un profilo basso invece di dare il meglio, e quando non si vive con la paura di essere licenziati.
Amico: Capisco, ma si tratta di gente strana, comunque.
Io: Forse.
Amico: E comunque, le rendite passive sono troppo complicate per la maggior parte della gente.
Io: Se la gente riesce a gestire la complessità del lavoro tradizionale, troverà facile come bere un bicchier d’acqua gestire le rendite passive. Non c’è da cercare lavoro, fare colloqui, da avere a che fare con superiori e politiche aziendali, da accumulare settimane di ferie, da fare i pendolari, rischiare il licenziamento e subire un’enorme pressione fiscale. Certo, inizialmente la curva di apprendimento è diversa, ma chi riesce a gestire tutti gli aspetti complessi che fanno parte della ricerca di un impiego sono certo sarà in grado anche di mettere su una o più fonti di reddito passivo. Si tratta di un processo che, fatto una volta o due, diventa sempre più facile.
Amico: Mah, io resto scettico, quindi ti suggerisco di farci ancora un pensiero. Ripeto, avere un impiego è ancora qualcosa di molto popolare. Credo tu debba provare, in ogni caso.
Io: Pensi mi piacerebbe?
Amico: No, ma alla fine ti ci abitueresti. Perché non provi?
Io: Beh, forse potrei farlo per tutto quel caffè gratis…