Abbiamo già visto come, nel tentare di applicare il modello di intenzione-manifestazione, il ruolo dei dubbi e delle convinzioni presenti a livello inconscio possa trasformarsi in un ostacolo e un deterrente per il raggiungimento dei nostri obiettivi. Anche se a livello cosciente siamo focalizzati sulle nostre intenzioni, quando abbassiamo la guardia e il nostro livello di consapevolezza si abbassa veniamo tempestati da pensieri in conflitto fra loro, che rappresentano inevitabilmente a loro volta delle intenzioni destinate a manifestarsi. L’elemento chiave di questo processo, quindi, sembra essere la capacità di mantenere il pensiero focalizzato su quanto si desidera piuttosto che investire energie mentali su quanto NON si desidera.
A un certo punto del mio percorso legato all’esplorazione del meccanismo di intenzione-manifestazione ho deciso di esprimere l’intenzione di ottenere una risposta alla domanda che sorgeva riguardo a quanto appena descritto. Mi capita abbastanza spesso di usare le intenzioni per ottenere risposte a dubbi o domande, ed è un processo piuttosto efficace. Naturalmente non accetto mai le risposte senza passarle al vaglio della logica, per capire insomma se hanno un senso, ma allo stesso tempo non dimentico come i percorsi della manifestazione spesso siano apparentemente tortuosi o bizzarri, almeno inizialmente, e tengo in conto anche questo aspetto nella mia valutazione.
La domanda per cui mi ero impegnato a manifestare una risposta, in questo caso, era “Come mai, per quanto io comprenda chiaramente il processo di intenzione-manifestazione e riesca a impiegarlo per ottenere splendidi risultati, in certi casi non sembro essere in grado di focalizzarmi abbastanza su ciò che voglio manifestare e coltivo anche dei pensieri che riguardano ciò che invece non voglio manifestare?”
Ho quindi manifestato l’intenzione di ricevere una risposta a questa domanda e ho atteso che la risposta arrivasse.
Come spesso accade quando agisco in questo modo, dopo un paio di giorni ho potuto osservare alcune interessanti sincronicità. Erano tutte collegate a una serie di telefilm degli anni Ottanta, intitolata The Greatest American Hero (Ralph Supermaxieroe in Italia). Continuavo a notare intorno a me dei riferimenti a questa serie, anche se era da anni che non ci pensavo.
Quando avevo dieci anni era la mia serie preferita, quindi la ricordavo ancora bene, e in effetti mi fornì la risposta che stavo cercando.
Per chi non conoscesse la serie, racconta di un insegnante delle superiori di nome Ralph che, dopo un contatto con gli alieni, riceve una tuta da super eroe che gli attribuisce poteri come il volo, l’invisibilità e la psicometria. L’unico problema è che Ralph perde il manuale di istruzioni abbinato alla tuta, quindi anche se riesce a utilizzare in parte quei poteri lo fa in maniera molto maldestra. Per esempio, quando tenta di volare finisce spesso per agitare istericamente le braccia e finire rovinosamente contro muri, alberi o automobili.
La risposta che la serie TV mi suggeriva aveva un senso, per me, in quanto era più o meno questa: “Sì, il processo di intenzione-manifestazione è un potere speciale che gli esseri umani possiedono, ma al momento non capisci perfettamente come utilizzarlo”. Riesci a utilizzarlo, ma lo fai in modo maldestro.
Quando creo le mie intenzioni per ricevere delle risposte ciò che ottengo sono sincronicità che conducono alle informazioni di cui ho bisogno, a volte con una forma simbolica. In genere i simboli sono chiari e facili da interpretare, e in certi casi la prima sincronicità fa anche da filo conduttore. Seguendolo, riesco a ottenere nuovi indizi.
In quel caso decisi, quindi, di noleggiare la prima stagione della serie TV, e ne guardai gli episodi volentieri con un senso nostalgico. Scoprii, così, che uno degli episodi era stato in gran parte girato presso il college che avevo frequentato dieci anni dopo che la serie fu trasmessa in televisione. La cosa più importante che notai, comunque, fu come le esperienze e le scoperte del protagonista fossero in qualche modo ricollegabili alle cose che stavo facendo nella mia vita in quel periodo. Era come se la serie fosse una rappresentazione simbolica di alcune delle cose che stavo imparando. In definitiva la visione di quegli episodi mi permise di ottenere numerosi indizi che a loro volta mi spingevano a cercare altre strade e ottenere così ulteriori risposte.
Uno dei miei obiettivi, all’epoca, era di imparare di più sul modo di utilizzare il modello di intenzione-manifestazione e di capire meglio il meccanismo che ne era alla base. Non potevo usare un metodo scientifico per esplorarlo (nessuno potrebbe) perché non posso rendere ‘oggettivi’ i miei pensieri e studiarli. Ciò non mi impedì, tuttavia, di esplorare il fenomeno a modo mio. La natura stessa di questo modello, comunque, rende impossibile convincere altri del suo funzionamento usando un approccio oggettivo. Il motivo? Semplicemente perché se non credete al processo di intenzione-manifestazione esprimete di fatto un’intenzione a far sì che il modello stesso non funzioni, ed è appunto questo che sperimenterete. Se, al contrario, scegliete di credere nella sua validità, comincerà improvvisamente a funzionare.
È un guaio che non vi sia modo di convincere qualcuno che questo modello funziona se non crede realmente nella sua efficacia, perché la persona semplicemente produrrà le sue intenzioni per bloccare tutto quanto potrebbe convincerla di ciò. D’altro canto, tuttavia, mi sono reso conto da subito che nell’esplorazione di questo modello era intrinseco un tale potenziale da spingermi senza dubbio a esplorarlo ulteriormente.
Molte persone sarebbero propense a vedere il modello di intenzione-manifestazione come un fenomeno inconscio. Ci si convince, insomma, che qualcosa è vera e ciò diventa una profezia auto-avverante. Questo è, in effetti, uno dei modi in cui il modello si manifesta. Ci sono diverse occasioni in cui potrei affermare che i risultati derivano da un’attività inconscia, come quando capita di notare un libro in libreria. E, naturalmente, questo modello può manifestarsi anche per mezzo dell’azione diretta, ovvero quando si esprime l’intenzione di fare qualcosa e lo si fa. Non credo sia quindi uno sforzo, per chiunque, accettare l’evidenza che è possibile ottenere dei risultati sia attraverso un processo cosciente sia per mezzo di attività inconscia.
Ma come interpretare i casi di attività supercosciente? È possibile generare dei risultati senza che ci siano state azioni fisiche dirette a crearli? Possiamo, in sostanza, manifestare elementi fisici della nostra realtà semplicemente con uno sforzo mentale?
Ho trascorso del tempo a sperimentare proprio questo approccio, e la sfida è stata inevitabilmente quella di evidenziare ciò che avrei potuto creare agendo al di sotto del mio livello di consapevolezza. Inoltre, si dimostrava in qualche modo impossibile ottenere le prove di ciò senza coinvolgere degli osservatori esterni, che a loro volta avrebbero però influenzato l’esperimento con le loro intenzioni. Fu così che capii meglio il nesso con la serie televisiva. Non c’era alcun manuale di istruzioni a mia disposizione o a disposizione di chiunque, in sostanza.
Tuttavia, per quanto non fossi in grado di condurre degli esperimenti che potessero convincere chi ancora non credesse nel modello, non lasciai che ciò rappresentasse un ostacolo nel mio tentativo di ottenere dei risultati interessanti. Non potevo separare gli effetti dell’attività inconscia da quelli dell’attività cosciente, ma l’aspetto interessante era che, da un punto di vista dei risultati ottenuti, ciò non aveva realmente importanza. Se credo negli effetti dell’attività supercosciente, i risultati saranno maggiori rispetto a quando non ci credo. La fede nell’attività supercosciente, insomma, sembra innescare proprio gli effetti che da questa possono derivare. Anche se non fosse stato esattamente quanto stava avvenendo, tuttavia, lo considerai un risultato positivo.
Condussi diversi esperimenti per alcuni mesi, cercando di manifestare cose, senza preoccuparmi troppo se queste arrivavano da un’attività subcosciente o supercosciente. Lasciavo semplicemente che l’intenzione decidesse come manifestarsi senza tentare di controllarla, e da allora il sistema sembrò funzionare piuttosto bene. Ho potuto, in alcuni casi, anche sperimentare dei meccanismi di co-creazione con altre persone.
Dopo una lunga serie di piccoli esperimenti, decisi di concentrarmi sulla manifestazione di rendite extra, solo per vedere se ero in grado di farlo. Nell’arco di un paio di giorni avevo ricevuto 115 dollari extra, ed entro la fine della settimana il totale dei guadagni extra ricevuti superò i quattromila dollari. Nessuna delle somme ottenute rientrava nelle mie fonti usuali di reddito. Si trattava, in sostanza, sempre di “denaro trovato”. Mille dollari erano quanto mi aspettavo, ma il resto era totalmente inatteso. Durante quella settimana le mie entrate regolari ebbero a loro volta un aumento dopo che ottimizzai gli annunci Adsense del mio sito, arrivando a risultati inaspettati e sorprendenti che oltretutto rimasero stabili anche per i mesi successivi.
Decisi così di continuare a sperimentare con questo modello. Per me i risultati ‘materiali’ non erano un elemento particolarmente importante, quindi investii molta più energia nelle intenzioni volte a ottenere maggior conoscenza e consapevolezza. Perché non creare un’intenzione che manifestasse il famoso ‘libretto di istruzioni’, a questo punto?